Banche

03-06-2016

Anatocismo

L’anatocismo è un fenomeno sulla base del quale il correntista paga gli interessi composti (interessi su interessi) sulle somme ricevute in prestito dalla banca. Infatti tale prassi bancaria prevedeva l’accollo a carico del cliente di interessi passivi ogni tre mesi mentre le Banche pagavano gli interessi attivi, al cliente, soltanto una volta l’anno. Tale meccanismo comportava uscite più consistenti per i clienti rispetto a quelle delle banche.

GRAZIE ALL’ADUCON OGGI RIMBORSI SICURI
Infatti, le Sezioni Unite della Cassazione (con la Sentenza num. 24418/2010), nel ribadire l’illegittimità dei sistemi di computo degli interessi passivi adottati dalle banche in relazione ai conti correnti aperti prima del 2000, hanno affermato, in maniera ormai incontestabile, due principi:

1 il termine prescrizionale delle azioni giudiziarie di recupero degli interessi passivi illegittimamente pagati dai clienti decorre dalla chiusura dei singoli conti correnti;
2 l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi deve portare ad un ricalcolo delle somme a favore del correntista senza capitalizzazione alcuna.

Più chiaramente si apre la concreta possibilità per i correntisti (soprattutto imprese) che hanno fatto uso di affidamenti bancari di ottenere la restituzione di una quota assai significativa degli interessi passivi pagati nel corso degli anni, con il recupero di somme consistenti direttamente proporzionali agli anni di durata degli apertura del credito.

In definitiva, ciò significa che, ad esempio, un conto aperto con affidamento nel 1980 ed ancora operativo alla data odierna, oppure chiuso da non più di dieci anni, potrà essere oggetto di una causa per la restit   dettaglio
03-06-2016

Mutui

La tutela dei consumatori è attiva anche nel campo dei contratti di mutuo che la banche hanno proposto, per anni, ai propri clienti.
Infatti, l’ADUCON ha scoperto che molti contratti di mutuo a tasso variabile (o con una componente variabile), sottoscritti tra la fine degli anni ottanta e la prima metà degli degli anni novanta, contengono delle clausole di determinazione dei tassi di interesse che non rispettano i limiti imposti dalla Legge 7 marzo 1996 n. 108, in tema di usura.

Più precisamente i contratti di cui si discute – pur se sottoscritti in epoca precedente all'entrata in vigore della citata Legge 108/1996 e dunque non sottoposti ai vincoli previsti da tale normativa, che vale soltanto dal momento dell’entrata in vigore in avanti – rinviano, per la determinazione del tasso di interesse che il cliente deve pagare alla banca, ad una pattuizione successiva che, come tale, avrebbe dovuto rispettare i limiti imposti dalla legge antiusura.

Ma questi limiti, spesso, non sono stati rispettati!
Da tale circostanza discende che, ai sensi dell’art. 1815 comma II c.c., in relazione alle rate di mutuo sulle quali la banca ha applicato un tasso di interesse eccedente il tasso di usura, il cliente avrà diritto ad ottenere in restituzione l’intero ammontare degli interessi pagati.

In definitiva, alla luce di quanto sopra esposto, i contratti per cui può essere utile rivolgersi ai legali ADUCON per un controllo circa la legittimità dei contenuti sono:
- quelli sottoscritti prima del 1996;
- a tasso variabile (o con una componente variabile che segue una a tasso fisso);
- quelli che contengono una clausola di determinazione degli interessi di questo genere: “il tasso a debito della par   dettaglio
03-06-2016

Fondi

La sottoscrizione delle quote di un fondo comune di investimento viene generalmente presentata dalle banche come la forma d’investimento più sicura poichè, da un canto, il fondo comune, operando su un alto numero di beni emessi da altri soggetti (nella maggior parte dei casi azioni, obbligazioni o valuta), minimizza il c.d. rischio emittente e, dall’altro, perchè i gestori del fondo dovrebbero essere soggetti esperti dei mercati finanziari e, dunque, in grado di individuare con precisione tempi e beni da comprare.

Purtroppo, così non è.

Il valore delle quote dei fondi comuni ha subito e continua a subire spaventose variazioni, spesso al ribasso, con perdite notevoli per i risparmiatori “traditi”.

In tali casi è possibile, però, verificare la liceità della condotta dell’intermediario – sotto il profilo della correttezza e completezza dell’informazione e della regolarità formale dei contratti – alla luce delle norme di legge che disciplinano il settore (Testo Unico della Finanza e relativo Regolamento CONSOB di attuazione).

Raccogliendo tutta la documentazione relativa allo “sfortunato” acquisto e recandosi presso la sede regionale dell’ADUCON sarà possibile ottenere un parere circa la regolarità dell’operazione e, quindi, circa la possibilità di recuperare quanto perduto.
03-06-2016

Factoring

La tutela degli utenti del sistema bancario e finanziario, da parte dell’ADUCON, coinvolge anche le imprese!
Molte imprese italiane devono fare i conti con lo strapotere delle grosse società di factoring.

Come è noto con il contratto di factoring l’imprenditore cede i propri crediti al factor a fronte di una anticipazione del pagamento dei crediti ceduti (in genere ridotto di una percentuale più o meno consistente).

Orbene le società di factoring, abusando della posizione dominante in cui si vengono a trovare, impongono condizioni contrattuali spesso addirittura illecite.

In particolare alcune clausole rimettono al mero arbitrio del factor la scelta circa l’assunzione (pro soluto) o meno (pro solvendo) del rischio dell’inadempimento del debitore ceduto.
In altri termini si è potuto notare che, nella prassi commerciale, alcuni rapporti contrattuali tra imprenditore e factor che sono pattuiti inizialmente come pro soluto – e cioè con il rischio dell’inadempimento del debitore ceduto a carico del factor – divengono, ad un certo punto, e per decisione unilaterale dello stesso factor, dei contratti con il rischio a carico dell’imprenditore che ha ceduto il credito e, per di più, anche retroattivamente.
03-06-2016

Derivati

Anche le imprese spesso sono vittime inconsapevoli dello strapotere delle banche!
Negli ultimi anni si è infatti osservato un preoccupante fenomeno consistente nella insistente richiesta, da parte delle banche erogatrici di credito alle imprese, della sottoscrizione di contratti aventi ad oggetto prodotti finanziari c.d. derivati (swap, futures, etc.).
In genere tali richieste vengono giustificate dalla presunta utilità del prodotto proposto al fine di contenere gli effetti, per l’impresa, dell’aumento del costo del denaro.

In realtà si tratta di strumenti finanziari altamente speculativi riservati ad investitori professionali.

Gli effetti dell’operatività dei prodotti di cui si discute si manifestano, purtroppo, in breve tempo e si rivelano esser un’ulteriore, e pesante, voce di indebitamento delle imprese italiane (in favore diretto delle banche).

In altri termini la banca offre un prodotto che dovrebbe consentire all’imprenditore di diminuire gli interessi dovuti a quest’ultima per i crediti ottenuti ma che, in realtà, è esattamente l’opposto poichè accresce l’esposizione debitoria dell’utente nei confronti della banca.

Contro questo abuso ci si può difendere proprio in virtù del fatto che tali contratti sono riservati ad una categoria di investitori professionali.

Infatti i Tribunali Italiani – proprio a seguito delle numerose cause intentate nei confronti delle banche da imprenditori esasperati dal modo di operare di queste ultime – hanno cominciato ha ritenere invalidi i contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari c.d. derivati se non conclusi con imprenditori che possono definirsi operatori qualificati del mercato e cio&egr   dettaglio
03-06-2016

Crack finanziari

Gli inizi degli anni 2000 sono stati caratterizzati da una serie di crack finanziari senza precedenti nel mercato nazionale.
Si pensi ai casi Argentina, Cirio, Parmalat, Finmek e, da ultimo, Lehman Brothers, per citare solo i più conosciuti.

Tali eventi hanno determinato la perdita di milioni di euro di risparmi degli italiani e ciò, in diversi casi, per colpa degli intermediari.
Più precisamente, dall'esperienza giurisprudenziale vissuta in questi anni dai legali ADUCON, è emerso che in un significativo numero di casi gli intermediari finanziari (banche e simili) non hanno agito nel rispetto delle norme poste dal Testo Unico della Finanza e dai relativi Regolamenti CONSOB di attuazione, a tutela dei risparmiatori-consumatori.

L’inosservanza delle citate leggi, da parte degli intermediari, si è tradotta in un deficit informativo per il risparmiatore, che si è quindi trovato ad investire i propri denari senza conoscere le reali caratteristiche dei titoli che stava per acquistare acquistare.
Addirittura, in relazione a certe emissioni obbligazionarie, alcune banche, non solo non hanno fornito le informazioni dovute agli investitori, ma hanno incoraggiato l’acquisto dei titoli con informazioni inesatte e fuorvianti.
Quindi, posto che questi comportamenti sono sempre più oggetto di condanne da parte dei tribunali, le banche, quando si vedono trascinate in giudizio da un risparmiatore “tradito”, in una percentuale assai significativa di processi, preferiscono comporre la vertenza con una transazione che correre il rischio di giungere alla temuta sentenza.

L’ADUCON da anni combatte contro le truffe e lo strapotere degli intermediari finanziari, che   dettaglio